Un coniglio alla fiera del suo paese,
compra uno specchio senza pretese,
è molto lungo e lo guarda di lato,
lo compra annoiato e quasi per caso.

Quindi a mattina si sveglia il coniglio,
si guarda allo specchio
e  ha un orecchio più lungo.
Si agita molto, si scruta sconvolto,
vorrebbe che questo tornasse più corto.
Gridando e piangendo esce di tana,
corre veloce e i passanti li frana.

Corre diretto al dottore vicino,
sperando che questi gli trovi un vaccino.
Entra che è ancora parecchio sconvolto,
il dottore lo guarda e gli chiede: “Ma è morto?”
“La prego non scherzi, sto male davvero,
mi trovi una cura per questo batterio.”
Allora il dottore gli osserva l’orecchio,
“è più corto e di questo può esserne certo!”
Ancora più intento lo scruta dall’alto, esclama:
“Orecchis Più Lunghis Dell’Altro.
Non deve temere mio caro signore,
io posso curarla da questo tumore,
credo che cento potrebbe bastare almeno per ora,
per incominciare.”

Il coniglio malato è abbastanza perplesso:
“Ma cento carote! Cos’è uno scherzo?
Per questa cifra lo taglio di netto,
e dove li trovo poi in questo momento?”
Il dottore rimane parecchio indignato:
“ Esca subito, stupido ladro!
Voleva rubare la mia prestazione?
Esca di qui o chiamo il questore!”

Il nostro coniglio è ancor più depresso:
“ Ma proprio il dottore più disonesto dovevo trovarmi,
e poi proprio adesso!
E mo come faccio a cambiarmi d’aspetto?”

Sicché da lontano distingue una chiesa,
e corre veloce per fare più in fretta,
entra sbattendo il pesante portone,
diretto dal prete che fa il suo sermone.
Urla sguaiato perdendo il ritegno:
“Mi aiuti la prego, sto molto soffrendo!
Vede l’orecchio, qui incriminato,
è molto più lungo dell’altro di lato!”
Il prete l’osserva  con occhio bonario:
“Figliolo per te ho qui pronto un rosario,
inginocchiati ora , che è tardi, veloce,
ai piedi di quella magnifica croce!”

Il coniglio è confuso e piuttosto spaesato,
non riesce a capire qual è il suo peccato:
“Ma padre non sono un seguace del male,
io voglio soltanto tornare normale.”
Ma il prete lo guarda con occhio furente:
“Esci di qua, peccator miscredente!
Nessuna salvezza per chi non si pente,
vattene via dalla vera sorgente!”

Andando per strada
dispera il coniglio,
triste e da solo
non trova più appiglio.
Sbanda spaesato
per prati e colline
in cerca di cure,
ma il mondo gli è ostile.

Ma proprio quando è più in basso di prima
ecco che un uomo gli si avvicina:
“Compagno che piangi? L’emarginazione?
Per te più profonda è la mia compassione!”
“Oh caro fratello, mia voce amica,
il mio male è l’orecchio, checché se ne dica.
Sapresti aiutarmi? Ne ho proprio bisogno,
mi sento spaesato e il più solo del mondo”
Quel tipo commosso l’osserva addolcito,
comprende che è solo e gli fa quest’invito:
“Compagno, è chiarito qual è il tuo problema,
sicuro io posso alleviarti la pena.
Il male che provi non è nell’orecchio,
ma è il mondo che vedi, che è certo vecchio.
Noi soli sappiamo cos’è che fa male,
è l’aria di questa società criminale.
Vedi compagno, è discriminazione,
ciò che tu piangi con disperazione.
Vieni con me, ti farò lo strumento
del mio, del tuo e del nostro successo.”

Lo porta di forza a una sede dimessa,
più che un partito, un’autorimessa.
Gli fanno le foto, gli stringon la mano,
e tutti li guarda con occhio un po’ strano.

Dopo pesanti, infinite giornate,
appare il suo volto per vie e per strade.
L’orecchio più lungo, il mento distorto,
ha il pelo spelato ed ha gli occhi da morto.
Il naso appiattito schiacciato sul grugno
e sotto una scritta che gli sembra un pugno:
“Compagni vedete quest’uomo distrutto?
Il mondo lo scaccia perché è molto brutto,
Ma il nostro partito difende i reietti,
venite con noi e sarete protetti!”
E sotto lo stemma del loro partito,
ossia una carota che buca il granito.

Il coniglio da solo dispera piangendo,
nessuno che riesca a alleviagli il tormento,
nessuno che sappia com’è che si cura
un orecchio più lungo che gli fa paura.
Quando da dietro è arrivato un vicino:
“Perché stai piangendo, hai perso qualcuno?”
“No, caro amico, non vedi l’orecchio,
non riesco a capire perché mi è successo!”

Allora il vicino gli tocca la fronte:
“Sei come l’acqua che sgorga da fonte,
nel mare si perde e non sa cosa ha perso
quel che hai smarrito è proprio te stesso.”
Il nostro coniglio è così illuminato:
“Dimmi che fare compagno di viaggio?
Non so se con me io porto coraggio,
ma sono pronto a fiorire di maggio.”
“Allora ascoltami senza parlare,
fuggi lontano, attraversa anche il mare,
cerca un rifugio da ogni lamento,
quando ritorni starai certo meglio.”

Subito corre più in fretta del vento,
attraversa montagne e foreste in inverno,
solca paludi e un lontano deserto,
fuggendo da sé per trovare se stesso.
Sta molti anni lontano di casa,
vivendo di niente e la testa si rasa,
e quando è poi pronto ritorna da solo,
convinto di potersi alzare anche in volo.

Tornato dal viaggio ha un vestito nuovo,
collane di legno e calzari di cuoio,
ritorna alla specchio che l’aveva perso,
e nota qualcosa di molto diverso.
Il tempo l’ha un po’ impolverato,
eppure non molto in fondo è cambiato:
non vede più il male che l’ha addolorato,
ma resta l’orecchio che è ancora malato.
Allora è colpito da un foglio di carta,
attaccato allo specchio comprato alla sagra,
in cui legge sorpreso e parecchio sconvolto:
“Specchio che lascia un orecchio più corto!”